Giuseppe RACITI

Professore associato di FILOSOFIA TEORETICA [M-FIL/01]

L'area filosofica nella quale ho concentrato le mie ricerche parte da Hegel, di cui ho tradotto circa 130 lettere incluse nel secondo vol. dell’epistolario edito da Guida (1984), attraversa la prima fase del pensiero di Nietzsche, con particolare attenzione alle moderne interpretazioni del plesso apollineo, e si spinge fino al concetto di Gestalt, sia nel senso elaborato da Ernst Jünger, sia nel quadro della diagnostica morfologica spengleriana. Questa ricerca ha trovato un primo punto di approdo nella monografia: MECHANE. Hegel, Nietzsche e la costruzione dell'illusione, Guida, Napoli 2000. Questo studio si inserisce in maniera consistente nel dibattito di quegli anni, anche sul piano internazionale, come dimostra la recensione nelle Hegel-Studien, n. 39/40 (2004-2005), a cura di Walter Jaeschke e Ludwig Siep. Ma la nettezza di questi riferimenti, va da sé, è fittizia: autori come Spinoza, Hamann, Bachofen, il primo Lukács e Max Stirner, ai quali ho dedicato studi monografici, curatele e riflessioni comparative, mi hanno suggerito, nel tempo, geometrie più sofisticate, spesso in stimolante contrasto con il disegno di origine. Di Hamann, Bachofen e Lukács ho curato rispettivamente: l'Aesthetica in nuce (Guida, Napoli 2003), Le Leggi della storiografia (Guida, Napoli 1999) e la Teoria del romanzo (Studio Editoriale, Milano 1999). Stirner e Jünger (i cui Diari siciliani ho curato per Sellerio a Palermo, nel 1994) sono al centro del saggio: Vite parallele. Potere e persona nelle politiche di Max Stirner e Ernst Jünger, «Archivio di storia della cultura», 2005). Al concetto jüngeriano di Gestalt e alle sue risonanze teorico-politiche ho dedicato il saggio Gelo in dio («Archivio di storia della cultura», 2002). Il nesso tra metafisica e politica in Spinoza è indagato in un lavoro dal titolo L'ospite orientale. Su spinozismo e modernità, «I Quaderni di Próodos», I (1999), successivamente riarticolato e ampliato in Cinque scritti delfici, La finestra, Lavis (TR) 2004. In alcuni interventi monografici e saggistici (Cinque scritti delfici, cit.; Un'ordinata ambiguità. Per una genealogia dell'anarca, La finestra, Lavis [TR] 2006) ho indicato nell'“anarca”, la cui gestazione rimanda all'ultima stagione della riflessione jüngeriana sulle politiche del Novecento, una figura decisiva in vista di una rimodulazione dell'azione politica nel quadro della tarda Zivilisation, cioè nel mondo della tecnologia dispiegata. D'altra parte la definizione e la critica di una "pax technica", la sua articolazione nella caotica geografia contemporanea, schiude un campo speculativo in cui torna a svolgere un ruolo centrale il pensiero hegeliano — a cui dedicai la mia tesi di laurea — specie per quanto attiene al progetto di "fluidificazione" della realtà sviluppato nella Fenomenologia dello spirito, un progetto che offre il presupposto teorico all'odierno assetto finanziario dell'economia mondiale. A questo tema, e segnatamente al rapporto tra la critica hegeliana dell'ontologia classica e la prassi del capitalismo finanziario, ho dedicato alcuni corsi accademici e un saggio specialistico (Verità senza certezza. Teoria della certezza e verità della prassi nella Fenomenologia dello spirito di Hegel, in «Atti dell'accademia di scienze morali e politiche», Napoli, CXXI [2011]). In seguito ho concentrato i miei studi sugli esiti teoretici della “questione della tecnica” (Die Frage nach der Technik) e sulle derive politiche e sociali che ne sono scaturite, con particolare riferimento ad autori come Ernst Jünger, Oswald Spengler e Martin Heidegger. Nello studio: Ho visto Jünger nel Caucaso, Mimesis, Milano 2013, ho esaminato l'attività politica di Jünger durante l'occupazione di Parigi nel 1940 attraverso il romanzo di Jonathan Littell, Les Bienveillantes (Parigi 2006), individuando una serie di fecondi agganci tra finzione e realtà che ho messo a frutto in vista di una migliore intelligenza dei Tagebücher jüngeriani concernenti il secondo conflitto mondiale, specie nelle parti che riguardano l'acquartieramento a Parigi, la rete dei rapporti politici tra occupanti e occupati, il ruolo della cultura nel contesto militarizzato e la concomitante spedizione caucasica, da cui sortiscono importanti considerazioni sul confronto tra i due maggiori sistemi totalitari novecenteschi. La monografia dedicata al Tramonto dell'Occidente di Oswald Spengler (Per la critica della notte. Saggio sul "Tramonto dell'Occidente" di Oswald Spengler, Mimesis, Milano 2014) si propone di investigare soprattutto la nozione spengleriana di Zivilisation, cioè la fase caduca della Kultur, il "ramo secco" di una civiltà al tramonto, che tuttavia rinverdisce con i mezzi di cui dispone il potenziale tecnologico. Si tratta dunque di una riflessione sul mondo contemporaneo condotta a partire dalle categorie storico-filosofiche spengleriane e dal metodo comparativo messo a punto dal pensatore tedesco. L'analisi dei testi spengleriani e del contesto in cui affondano le radici (la Germania tra le due guerre) rivela a mio avviso potenzialità sorprendenti per comprendere le aporie della situazione odierna. — A coronamento di questi studi, ho curato la nuova versione del Tramonto dell’Occidente di Spengler presso l'editore Aragno (Torino, 2017-2019). Nel 2016 ho curato e introdotto la conferenza spengleriana del 1931 intitolata L’uomo e la tecnica (Aragno). L’attività di curatore, che ritengo fondamentale per ogni serio studioso delle discipline filosofiche, copre ormai un arco temporale di trent’anni ed è documentata nel curricolo. Gli ultimi lavori riguardano i concetti di rivoluzione, socializzazione e comunismo analizzati non secondo un'ottica ideologica ma sulla base di un criterio ascrivibile alla moderna critica e storia della cultura (Kulturkritik). Il saggio Karl Marx e Ernst Jünger: una coabitazione («Studi Germanici», 2013), mette a confronto due idee di rivoluzione, due dispositivi di socializzazione, in parte confliggenti, in parte solidali e avvia una discussione sulle drammatiche contraddizioni che hanno contrassegnato le politiche totalitarie del primo Novecento. Lo studio Cabala e anarcato. Su Ernst Jünger, Thomas Mann e alcuni motivi dell'esoterismo ebraico, Mimesis, Milano 2012, rintraccia alcuni motivi della "rivoluzione conservatrice" nel ricco terreno della mistica ebraica e delle grandi correnti cabalistiche, dal lurianismo alla suggestiva vicenda del sabbatianismo, che peraltro pone in primo piano un tema di scottante attualità: la coabitazione tra i due sistemi monoteistici dominanti, l'ebraico e l'islamico. Nel saggio Il comunismo secondo Boris Groys, «Archivio della cultura», 2009), ho ripercorso le tappe principali del pensiero di Groys, studioso di origine russa, considerato tra i maggiori teorici viventi dell'arte contemporanea. Groys sviluppa in particolare una teoria del comunismo, la cui premessa storico-politica è la caduta dell'impero sovietico e i cui fondamenti filosofici rimontano al platonismo e alla sua cospicua tradizione. Il recente lavoro Social Network. due studi sulla socializzazione, La finestra, Lavis (TR) 2015, ridisegna i rapporti tra pensiero politico e prassi sociali nel Novecento a partire dagli esiti delle riflessioni congiunte di Marx, Jünger, l'ultimo Lukács (in particolare quello dell'Ontologia dell'essere sociale) e Max Stirner. Su questa falsariga si inseriscono l’ampio saggio su Heinrich Heine e i suoi rapporti con Karl Marx (“Ho dipinto il diavolo sul muro”. Il comunismo secondo Heinrich Heine, «Studi Germanici», 2015) e il contributo in volume La tragedia della rivoluzione e la commedia del soggetto. Sulla differenza tra rivoluzione socialista e rivoluzione conservatrice (ETS, 2018) e gli studi – sulla base dei corsi accademici – su Heidegger (Heidegger no es un filósofo del tiempo, o bien: novas repeto vias, in corso di pubblicazione) e Benjamin (Una lettera di Walter Benjamin a Carl Schmitt, in corso di pubblicazione presso la rivista «Cultura Tedesca»). I rapporti tra politica e psicoanalisi, tra lo scoppio della prima guerra mondiale e la scoperta dell'inconscio, tra psicoanalisi e neuroscienze, tra Freud e Lacan, sono al centro di alcuni corsi accademici e di quattro saggi: No Man's Land. Freud, l'economia, la guerra («Studi Germanici», 2015) e "Massa" e "comunità" negli scritti freudiani tra le due guerre, accolto nel volume: La filosofia e la Grande Guerra (Mimesis, 2016), Stadi progressivi di politicità negli scritti freudiani postbellici, («Psiche. Rivista di cultura psicoanalitica», 2018), Disagio "della" civiltà o disagio "nella" civiltà. Una discussione critica, («Utopía y Praxis Latinoamericana. Revista Internacional de Filosofía Iberoamericana y Teoría Social», 2018). Orcid Id: 0000-0002-3696-1036.

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