Salvatore MARANO

Professore associato di LINGUE E LETTERATURE ANGLOAMERICANE [L-LIN/11]

Di lui si dice che ami Barthes par Roland Barthes, The Autobiography of Alice B. Toklas, The Autobiography of My Mother. Gli si attribuisce una propensione al potenziale intesa in senso oulipiano ma anche alla maniera di Musil o Zelig. Vivrebbe in un vano pentagrammato, pavimento di 64 quadrelle, pareti ricoperte di stampe tele assemblages, biblioteca alessandrina, scansie zeppe di radio. Pare abbia attraversato l'oceano per visitare le università della East Coast (Yale? Duke? NYU?). C'è chi lo ha visto nei sancta sanctorum della ricerca in Ontario, chi in prestigiose istituzioni europee fra Parigi Londra e Salzburg. Insegnare, si presume, lo appassiona; lo appassionerebbero meno il modo in cui la politica, le multinazionali, il capitale finanziario, la burocrazia, l'allineamento dei pianeti e l'alta marea si mettono di traverso. Voci di corridoio lo vorrebbero esigente, lui nega la circostanza. Gli piacciono, avrebbe ammesso di fronte a un whiskey irlandese: il coraggio di chi è disperato, il silenzio e la meditazione, la solitudine essenziale, i felini, il blu dipinto dal blues. Non gli piacciono: l'ingiustizia, la violenza, il conformismo, le risposte facili ai problemi difficili, la fiducia tradita, il tran-tran, l'ipocrisia. In un notes che porta il suo nome rinvenuto a Palazzo Sangiuliano si legge: "All the information I have about myself is from forged documents".

E' avvolto nella nebbia. Chi lo vuole chitarrista e compositore in una band che non ha mai inciso una traccia, chi vincitore di un campionato nazionale di scacchi, chi poeta clandestino, chi consulente editoriale e chi addirittura editore in proprio. Si sospetta un passato di animatore culturale e un profilo di scrittore-ombra negli anni in cui ha vissuto sotto falso nome fra Londra e Baltimore. Vanta amicizie con scrittori e artisti ai quali avrebbe estorto interviste inedite. La sua attività di ricerca è forse iniziata alla fine degli anni Ottanta, dopo trascorsi da critico d'arte e cinematografico. Perché si affidi a penna e calamaio è un mistero, dal momento che preferisce (parole sue) le tavole rotonde agli atti dei convegni. Sostiene di occuparsi di letteratura perché la sola verità che conosca si anniderebbe nella fiction.

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Si occuperebbe di letteratura potenziale e di scrittura à contrainte, di arte e gioco, di tecnologie della scrittura, delle interrelazioni fra testo letterario e altre arti — in particolare, le arti visive –, di letteratura e spazio (dalla pagina allo spazio urbano), di performance. Sarebbe contributor di RSA Journal, Italian Americana, Letterature d’America. Avrebbe scritto, fra gli altri, su W. Abish, M. Atwood, D. Barnes, W. Burroughs, E.E. Cummings, H. Crane, W. Faulkner, A. Lowell, M. Loy, H. Mathews, bp Nichol, G. Perec, G. Stein, W. Stevens, Mark Twain. Pare abbia tradotto A. Burgess, R. Kipling, B. Harte. Circola voce di sue pubblicazioni con Aracne, Biblioteca del Vascello, Bonanno, Bulzoni, ESI, Marsilio, Olskhi, Quattroventi.

Nulla è dato di sapere intorno alle presunte attività di volontariato che gli sono state attribuite.

DataStudenteArgomento della tesi
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